
Il 6 maggio è l’Overshoot Day italiano, come segnalato dal Global Footprint Network.
La data odierna sta a simboleggiare che se tutta l’umanità consumasse come gli italiani, già oggi avremmo “esaurito” tutte le risorse naturali del Pianeta e inizieremmo a consumare quelle “previste” per il 2026.
Il WWF, nell’ambito della sua campagna Our Future, lancia a tutti un allarme: spetta solo a noi il compito di invertire la rotta (prima di tutto culturale) e abbandonare stili di consumo che ignorano il senso del limite.
Il Country Overshoot Day, che per l’Italia cade il 6 maggio, serve a identificare, in proiezione planetaria, il giorno in cui se tutta la popolazione mondiale vivesse come gli abitanti di uno Stato, in questo caso noi italiani (con i nostri stessi livelli di consumo di energia, acqua, cibo, risorse), avrebbe già esaurito tutte le risorse naturali rinnovabili a disposizione per l’intero anno a livello globale.
Dopo questa data, si entra in una fase di “debito ecologico”, consumando più di quanto il Pianeta sia in grado di rigenerare e intaccando le risorse future e di conseguenza degradando e danneggiando gli ecosistemi.
I Paesi del mondo non hanno tutti la stessa disponibilità di risorse: Bangladesh, Israele o Ruanda hanno circa un quarto di ettaro globale per abitante. Francia, Austria, Irlanda e Cile si aggirano intorno ai 3 ettari globali per abitante.
Svizzera e Italia hanno circa un ettaro globale per persona. Gli ettari globali sono ettari con una produttività media mondiale, tenendo conto delle diverse capacità produttive dei vari tipi di terreno nelle diverse parti del Pianeta: sono il modo per misurare quante risorse naturali usiamo e quante ne può fornire la Terra così possiamo calcolare in modo uniforme quanta natura consumiamo (impronta ecologica) e quanta ne abbiamo a disposizione (biocapacità).
La proiezione per l’Italia riflette un trend negativo che va avanti da molti anni e che riguarda tutte le nazioni sviluppate.
L’umanità da anni vive quindi “in debito” e ci vorrebbero 1,7 Pianeti per soddisfare i bisogni della popolazione mondiale.
Stiamo collettivamente sottoponendo la Terra a una pressione sempre maggiore.
È fondamentale un impegno concreto da parte di istituzioni, aziende e cittadini per ridurre l’impronta ecologica italiana. Tra le azioni necessarie vi sono il miglioramento dell’efficienza energetica, la riduzione degli sprechi, il cambiamento verso una dieta più sana e sostenibile (più vicina alla Dieta Mediterranea, ormai più un simbolo che una pratica quotidiana nella vita degli italiani), la promozione di un’economia circolare e una maggiore tutela degli habitat e della biodiversità.
L’Italia ha ancora la possibilità di invertire questa tendenza, ma il tempo per agire si sta riducendo.
Secondo una ricerca pubblicata su Nature a fine 2024, il 10% della popolazione più ricca è responsabile del 43% delle emissioni globali di carbonio, del 18,5% del consumo di acqua dolce e per oltre il 25% dell’immissione di azoto e fosforo. All’opposto, il 10% della popolazione più povera contribuisce per circa meno del 5% agli stessi indicatori.
Le analisi sui dati elaborate dai ricercatori confermano che le nazioni ad alto reddito, come l’Unione europea, hanno impronte ecologiche sproporzionatamente grandi. Tuttavia, all’interno di questi singoli Paesi, è sempre la fascia più ricca dei consumatori ad esercitare la pressione maggiore, mentre l’impatto ambientale delle fasce con reddito inferiore è assai più ridotto.
La direzione per affrontare la crisi ecologica globale è chiara: non è il consumo in sé il problema, ma come e quanto. Una transizione verso modelli di consumo più equi e sostenibili è dunque non solo auspicabile, ma urgente, per rientrare nei confini planetari e garantire un futuro vivibile per tutti.