Sembrava una moda destinata a svanire in poco tempo, e invece va aumentando. I bebè per i “grandi” sono sempre più richiesti e hanno anche uno scopo non da poco: vengono usati come terapia per rallentare il morbo di Alzheimer.
C’è infatti chi ordina on line, ma anche nei negozi, “cloni” dei figli ormai adulti o dei nipoti. Molte richieste arrivano anche da coppie senza figli o da collezionisti. Niente a che vedere però con i bambolotti dei più piccoli, che fanno pipì o emettono vagiti. Queste costosissime ‘reborn dolls’ sono tali e quali ad un neonato, vengono tenute sul lettone o sul divano, ma anche portate in giro nel carrozzino.
Poi c’è la ‘Empathy doll’, una bambola terapeutica nata in Svezia alla fine degli anni 90’. La sua ideatrice, Britt Marie Egedius Jakobsson, psicoterapeuta, l’ha pensata e realizzata inizialmente per i bambini affetti da autismo, in seguito è stata usata anche per gli anziani con ottimi risultati.
In poco tempo, e ormai un po’ ovunque nel mondo, sono diventate uno strumento terapeutico. Grazie alle caratteristiche (tessuto morbido, sguardo, capelli soffici, posizione di braccia e gambe, dimensioni e tratti somatici) favoriscono l’accudimento attivo di chi ha un grave decadimento cognitivo e la diminuzione di alcuni disturbi comportamentali. Si riescono così ad affrontare, addirittura senza farmaci, situazioni problematiche che possono presentarsi durante il decorso della malattia. Queste bambole hanno il potere di risvegliare le menti dei malati di Alzheimer con i ricordi del cuore. Stringerle al petto, accudirle, sentire il loro calore, fa davvero miracoli.
(Credits Getty Images)