“Novilunio”: Grifonetto Baglioni rivive e danza… 523 anni dopo e sembra ieri.

Una mamma che culla un bambino appena nato. Una mamma che culla un figlio ormai senza vita.

In mezzo, i 23 anni di Federico Baglioni, conosciuto come Grifonetto, reso immortale dai pennelli di Raffaello sulla “Pala Baglioniconservata alla Galleria Borghese di Roma e dalle parole di Oscar Wilde ne “Il ritratto di Dorian Grey”, protagonista di una delle pagine più note e cruente della storia di Perugia datata 15 luglio 1500.

Storia rispolverata, attualizzata e caricata di nuovo pathos in “Novilunio“, con le coreografie di Sara Marinelli fatte sbocciare dalla compagnia di danza contemporanea Freefall.

La pièce – proposta in prima nazionale al Museo San Francesco di Montefalco e ora in tour in dieci comuni umbri (prossima data 5 febbraio a Castiglione del Lago – ndr) si sviluppa come un dramma shakespeariano, in cui i danzatori professionisti Eleonora Cantarini (la mamma Atalanta Baglioni), Michele Umberto Fuso (Grifonetto) e l’hip hopper Alessio Venditti ( lo zio di Grifonetto ) si muovono tutti da interpreti principali.

Loro pari, il violoncellista Andrea Rellini, compositore della partitura musicale dai coinvolgenti cambi di registro enfatizzati dall’utilizzo della loop station e autore del “colpo di teatro” finale.

Altrettanto importante e impattante la traccia vocale, una sorta di marchio di fabbrica negli spettacoli dei Freefall.

Scritta e interpretata da Claudio Massimo Paternò, introduce i quadri, ad emulare, nella sua musicalità lessicale, le migliori opere di Shakespeare, che come teorizza Philip Davis, professore di letteratura all’Università di Liverpool, suscitano un effetto benefico sulla mente attivando momenti di auto-riflessione, sull’onda dei grandi drammi e delle grandi passioni di cui trattano.

Se per Grifonetto lo erano l’orgoglio ferito, l’ambizione smodata, la gelosia, l’invidia, il desiderio di vendetta, il dolore per un lutto mai elaborato, l’attaccamento alla madre e il parallelo desiderio di affrancarsi da lei, per chi guarda – e lo spettatore non fatica a sentirsi “totalmente immerso” nello spettacolo – i moti dell’animo sono gli stessi!

E’ come se il pubblico danzasse insieme alla danza, partecipando a complotti e giochi di potere assolutamente atemporali, in un intrecciarsi di linguaggi mai scontati, ma facili da decodificare, perché immediati, diretti, privi di sovrastrutture, capaci di cogliere l’essenziale e l’essenza.

Un insieme di modalità interpretative centrate, come simboleggiano i riflettori mobili puntati dai danzatori sullo spazio scenico, contesto mutante, di passaggio in passaggio, per l’avvicendarsi di fatti e sentimenti.

Sul dipanarsi delle vicende, brilla lontana e immobile la luna (approfondendo l’analisi, inevitabile l’aggancio con il Leopardi del “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna? – ndr).

Guarda il crescere di Grifonetto … bello far trascorrere gli anni muovendo una magica pioggia di foglioline!

Illumina il volto di mamma Atalanta – motore occulto della storia ed esaltazione del ruolo femminile, nel bene e nel male, o, meglio, nella capacità di indirizzare il cambiamento – decisa ad attuare quanto in suo potere per vedere il figlio nel ruolo che gli spetterebbe, ormai usurpato dagli zii Guido I e Rodolfo I.

Segue la presa di coscienza di Grifonetto, sobillato dallo zio intrigante e manovriero, nell’ottenere a tutti i costi quanto vuole.

E’ sempre la luna ad assistere, muta e diafana, all’eccidio delle “Nozze rosse”, quando gli sposi Astorre I e Lavinia Colonna subiscono, con i loro invitati, il deflagrare degli istinti più bassi.

Muoiono tutti tranne uno: Giampaolo Baglioni che, sfuggito alla strage, si allontanerà da Perugia, per poi tornare e uccidere a sua volta Grifonetto (il “colpo di teatro” del violoncellista!).

Piange, infine, la luna, al pianto di Atalanta, madre intrigante che condanna il gesto del figlio ma ne cerca l’assoluzione, ottenendola poi grazie all’arte.

Quella Pala magistralmente dipinta davanti alla quale il carnefice diventa vittima, suscitando il perdono dagli offesi. Ecco allora che “Novilunio” va oltre la performance di danza e si fa cassa di risonanza di messaggi.

«…Grifonetto Baglioni col suo giustacuore trapunto, il berretto gemmato e i ricci in forma di acanto, che uccise Astorre con la sposa e Simonetto col suo paggio, e che era di una tale bellezza che quando giacque morente nella piazza gialla di Perugia coloro che l’avevano odiato non potevano trattenere le lacrime e Atalanta, che l’aveva maledetto, lo benedisse.

(Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray)